Aldo Giurgola

architetto

1920 / 2016

Roma, Italia; Canberra, Australia

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Romaldo “Aldo” Giurgola nasce a Roma nel 1920, e a Roma resterà fino all’età di trent’anni. Si trasferirà negli Stati Uniti nel 1950 grazie a una borsa di studio Fulbright, inaugurata proprio in quell’anno. Proprio negli States emergerà come una delle figure più rilevanti del dibattito architettonico nazionale e internazionale, ugualmente impegnato in ambito professionale e accademico. Oltre ad aver progettato e realizzato un gran numero di edifici insieme al socio Mitchell, infatti, Giurgola è stato docente in tre delle più prestigiose università americane: Cornell University, University of Pennsylvania e infine Columbia University, la stessa università in cui aveva conseguito il suo secondo Master, dove sarebbe ritornato nel 1967 in qualità di direttore del Dipartimento di Architettura, prima, e Ware Professor of Architecture, la qualifica più prestigiosa del corpo docente, poi. Al lungo trascorso americano seguirà infine un’ultima parentesi in Australia, dove Giurgola si sarebbe trasferito nel 1988 dopo aver portato a termine la realizzazione del nuovo edificio per il Parlamento nazionale a Canberra. Un così ampio riconoscimento – quasi un’epopea globale se si considera anche il periodo australiano – aveva tuttavia radici lontane. Prima di intraprendere il grande salto oltreoceano, infatti, Giurgola era stato studente alla Facoltà di Architettura di Roma, dove aveva ottenuto la laurea nel 1945. Sempre a Roma aveva mosso i primi passi di una carriera professionale breve ma intensa, entrando in contatto sia con i maestri dell’accademia sia con i più giovani colleghi che avrebbero scritto alcune fra le pagine più importanti dell’architettura del dopoguerra italiano. Con Fasolo, Giovannoni, Del Debbio, Aschieri, Foschini e Piacentini, tutti docenti a Roma Giurgola si avvicina ai temi della storia, del restauro, della composizione e dell’urbanistica. È grazie al loro insegnamento che inizierà a guardare all’architettura come a un fatto trasversale e sintetico. Nella scuola di Roma si lavora alla formazione dell’architetto come figura “integrale” e il progetto è affrontato da più punti di vista: come applicazione combinatoria di parti ma anche e soprattutto come esercizio di modellazione plastica in grado di stabilire relazioni permanenti e durature con l’ambiente circostante, sia esso fisico o umano. Una serie di relazioni che si materializzano, in prima istanza, attraverso la pratica del disegno assonometrico e prospettico, a mezzo del quale Giurgola esplora e rappresenta l’essenza spazio-strutturale e i valori ambientali dell’opera architettonica. Sono problemi concreti quelli che il giovane Aldo affronta a Roma. Senza alcun pregiudizio teorico, è condotto attraverso l’elaborazione di un progetto completo nei riguardi dell’arte e della tecnica: una preparazione questa che gli consentirà di navigare con una certa disinvoltura per i mari dell’agitato mondo professionale romano del dopoguerra. Dopo aver collaborato, ancora da studente, con Piacentini e La Padula, Giurgola avrà la possibilità di lavorare insieme a Nervi, Libera, Piccinato, Tedeschi; oltre che con il coetaneo Claudio Dall’Olio, amico e compagno di studi con cui avrebbe stretto il sodalizio professionale più importante. Al di là dei numerosi concorsi, i cinque anni di pratica romana si sarebbero coagulati in una serie di episodi particolarmente significativi. Nell’edificio INCIS al Tuscolano e, in misura minore, nella chiesa di Francavilla, emergono i segni di quella riflessione sui limiti e le relazioni fra edificio e ambiente già centrale negli anni della formazione universitaria. Nel primo caso, la lezione del rivestimento appresa durante il tirocinio con Piacentini lascia il posto a una lavorazione plastica del tutto inedita per un esempio di edilizia pubblica. L’evidenza dell’ossatura portante e la presenza di elementi ruotati alludono a una profondità della massa muraria che nell’episodio della chiesa di Francavilla diventa elemento caratterizzante dell’intera composizione. Al di là delle differenze linguistiche fra le due opere, permane un’attenzione costante al legame fra spazi, premessa di quell’ambizione all’endless environment che avrebbe caratterizzato la maturità statunitense. È un legame che Giurgola avrebbe esplorato non solo attraverso la modellazione plastica del muro ma anche mediante la realizzazione di strutture leggere, talora sospese, dimostrando grande versatilità nell’esercizio creativo. “Era bravo Giurgola – avrebbe dichiarato Dall’Olio - era un gran disegnatore. E poi aveva dei modi molto personali di fare gli alberi, l’ambientamento del progetto. Tirava fuori una prospettiva dal nulla con un’ambientazione caratteristica”. Era così bravo da ottenere una borsa Fulbright e garantirsi un anno di studio negli Stati Uniti. Si iscriverà a Columbia University nell’autunno del 1950 e conseguirà il Master appena un anno più tardi, nel luglio 1951, usufruendo di una possibilità – quella del corso annuale – offerta solo agli allievi particolarmente meritevoli. All’alba degli anni Cinquanta, Columbia è una scuola caratterizzata da un insegnamento razionale e bilanciato, benché poco incline alle innovazioni. Delle riforme avviate da Joseph Hudnut e bruscamente interrotte con la nomina di Arnaud, restavano poche tracce: fra queste, l’integrazione disciplinare e l’organizzazione dei design studios in cinque o più programs, con un gran numero di ex-tempore settimanali. Così organizzata, l’educazione americana non avrebbe generato grande spaesamento nel giovane Aldo. I temi e le modalità con cui sono affrontati non sono infatti così distanti dall’approccio integrato promosso dai fondatori della scuola romana: è sufficiente pensare al titolo del corso di teoria tenuto da Hamlin, e al riferimento esplicito all’architettura come struttura e ambiente umano, per comprendere le affinità fra due sistemi educativi profondamente radicati nella qualificazione dello spazio e dei suoi limiti: riflessioni che l’ambiente professionale americano plasma e indirizza verso genuine ma raffinate sperimentazioni progettuali, quasi sempre concentrate sulla definizione dello spazio interno. Sono gli anni che Giurgola definisce “di attesa paziente” e durante i quali insegna a Cornell e assume la direzione artistica di “Interiors”, a contatto con Rudofsky, Mango, Steinberg e Nivola; ma, soprattutto, sono gli anni dell’apprendistato nello studio di Louis Kahn e della scoperta di Philadelphia, dove nel 1954 sarà chiamato come Associate Professor of Architecture e dove, quattro anni più tardi, aprirà il proprio studio professionale insieme a Ehrman Mitchell Jr. A Philadelphia, Giurgola emergerà come docente e professionista affermato. Entrerà nel vivo del dibattito architettonico statunitense solo tre anni dopo l’avvio dell’ufficio, nel 1962, quando i suoi lavori saranno pubblicati insieme a quelli di Louis Kahn e Robert Venturi all’interno di un pezzo che presentava per la prima volta al grande pubblico la nuova “scuola di Philadelphia”. Quello su “Progressive Architecture”, tuttavia, non resterà un episodio isolato. Negli anni a venire, la stessa rivista continuerà a dedicargli molto spazio, pubblicando praticamente tutti i progetti che lo studio elaborava fra North Carolina e Pennsylvania. Fra gli altri, quello che gli avrebbe garantito una iniziale quanto inattesa notorietà: il memoriale per il primo volo dei Fratelli Wright sulla collina di Kill Devil, NC. In questo come in altri edifici, il periodo della formazione si materializza in una poetica sempre più orientata all’approfondimento del rapporto fra spazio e struttura. La riflessione di Giurgola parte dallo spazio interno concluso, lo rappresenta in prospettiva conferendogli quella misura indispensabile affinché possa essere correttamente compreso, e infine lo manipola lavorando su quella tensione fra esterno e interno che determina disgiunzioni, deformazioni e distacchi. Sono, questi, i cardini di un realismo che si esprime innanzitutto attraverso un’aderenza fra architettura e ambiente, sia esso fisico o umano, e che l’architetto romano esporrà in forma compiuta in uno dei suoi rari scritti. Nel 1965 Giurgola è uno dei tre candidati prescelti da Yale per la successione di Paul Rudolph alla guida della scuola. Oltre a lui, Charles Moore e Robert Venturi. “Perspecta”, la rivista studentesca di Yale, decide nella persona del curatore di concedere spazio ai tre candidati, in quella che diventerà presto una pietra miliare del dibattito critico statunitense. In questa circostanza Giurgola esprime per la prima volta la propria posizione in maniera organica, pur senza riferirsi mai, almeno in forma esplicita, agli anni della sua formazione romana. Ma la lezione romana è al contrario presente e viva, tanto nella pratica architettonica quanto in un insegnamento che procede attraverso l’esercizio quasi estenuante del progetto, specialmente a mezzo di disegni, e che si invera nel costante riferimento a esempi passati – esempi essenzialmente classici in cui gli stessi temi affrontati dagli allievi si erano già palesati. In questo senso, la poetica di Giurgola come architetto e insegnante di architettura è tutta orientata al reperimento di costanti, come costante è la ricerca di uno spazio misurato che assorba le tensioni tra esterno e interno. Giurgola non otterrà il posto a Yale. Un anno dopo, nel 1966, lascerà comunque l’Università della Pennsylvania per trasferirsi di nuovo a Columbia, sedici anni dopo il conseguimento del Master, chiamato alla guida del Dipartimento di Architettura. Nel 1971, esaurito il ruolo dirigenziale, sarà insignito del titolo di Ware Professor of Architecture, la carica più elevata del corpo docente, continuando a insegnare nei design studios e nei corsi di storia e teoria dell’architettura. Dopo esser tornato a Columbia, Giurgola tornerà anche a Roma, nell’autunno del 1977, in qualità di Fellow Resident all’American Academy. Il 6 dicembre del 1977 vi terrà una lezione intitolata “Image and Reality in Architecture”, in cui i temi della visione parziale già tratteggiati nel 1965 si estenderanno alla nozione di frammento: architettura come frammento, come insieme di parti partecipi di un ambiente continuo, urbano, umano e naturale, che l’architetto romano non esiterà ad apparentare all’endless environment di quella città eterna in cui aveva fatto finalmente ritorno.

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rubrica su interiors

"Aldo Giurgola: brownstone penthouse duplex"

Interiors, 6/1952

"The Realism of the Partial Vision"

Perspecta, 9-10/1965

Louis I. Kahn

architetto

Media gallery

Fonti

Giurgola, Romaldo. «An Open Letter to Students and Colleagues.» Journal of Architectural Education 35, n. 1 (1981): 13-17.
Giurgola, Romaldo. «Reflections on Buildings and the City: The Realism of the Partial Vision.» Perspecta 9/10 (1965): 107-130.
Tombesi, Paolo. «Pattern of a Journey. The Giurgola Effect.» In Erasmus Effect. Italian Architects Abroad, a cura di P. Ciorra e C. Padoa Schioppa, 88-100. Macerata: Quodlibet, 2013.
 

Scheda redatta da: Filippo De Dominicis