Michelangelo Antonioni

Regista

Elliott Erwitt (Artstor)

1912-2007

Italia-Stati Uniti

scenario
categoria
soggetti
tag
persona fisica, cinema

Monica Vitti

Attrice

Regista e intellettuale ferrarese classe 1912, Michelangelo Antonioni è stato fra i massimi esponenti del cinema moderno europeo e, insieme a Federico Fellini, la figura registica italiana più influente e apprezzata nel contesto dell’art film statunitense. Con opere paradigmatiche quali L’avventura (1960) e Deserto Rosso (1964) - sugellate dal sodalizio virtuoso con l’attrice e partner Monica Vitti - e produzioni americane come Blow-up (1966) e Professione: reporter (1975), Antonioni ha lasciato un’impronta indelebile sia nella storia del cinema sia in quella dei film studies, influenzando i registi della New Hollywood come Scorsese, De Palma e Coppola, e un’intera scuola di studiosi e critici di cinema statunitensi, che a lui hanno dedicato, già dagli anni Sessanta, una fervida produzione saggistica e retrospettiva. Antonioni in America incarna la quintessenza del modernismo cinematografico italiano ed europeo che, grazie al lungo sodalizio con lo scenografo Piero Poletto e diverse firme del made in italy, fa dell’uso simbolico del paesaggio e della moda uno dei suoi tratti poetici distintivi. Il cinema antonioniano diviene presto espressione di un’Italia borghese, colta e sofisticata, che al timone di un rampante miracolo economico ne incarna con poetica lucidità le universali tensioni psicologiche e sociali caratterizzanti l’intera società dei occidentale.

 

Sebbene Il grido (1957) avesse già lanciato il regista ferrarese nel mercato internazionale, Antonioni viene “scoperto” dalla critica statunitense grazie a L’avventura (1960), film ambientato nelle isole eolie che rompe gli schemi della narrazione classica che, dopo la Palma d’Oro al Festival di Cannes, viene distribuito in America. Rievocando l’emozione della sua prima proiezione de L’Avventura, Martin Scorsese dichiara sul New York Times: «Antonioni’s film changed my perception of cinema and the world around me, and made both seem limitless». Il regista italoamericano diventerà amico personale di Antonioni (tanto da passare una festa del ringraziamento in sua compagnia) continuando a rivedere ciclicamente i suoi film come fonte di ispirazione privilegiata. Nel 1963 il successo di critica de L’Avventura spinge i distributori americani ad affiancare l’uscita del successivo L’eclisse alla distribuzione di un altro celebre film di Antonioni degli anni Cinquanta, Le amiche (1955), una storia al femminile incentrata sul mondo della moda torinese che ha in nuce tutti gli elementi dello stile antonioniano e dona al pubblico statunitense un vivido affresco dell’Italia moderna. A proposito de L’eclisse, Boxoffice dichiara che il film «have been acclaimed by critics and art house devotees to the extent that any new Antonioni picture has become a ‘must’ for members of this cult». In questo frangente, il regista sperimentale Gregory Markopoulus cura a New York una prima retrospettiva della cinematografia di Antonioni, segno della posizione di spicco che il regista italiano si andava ritagliando nella cultura cinematografica americana.

La trilogia composta da La notte (1961), che vede protagonista la coppia Vitti-Mastroianni, L’eclisse e Deserto Rosso 1964), il primo film a colori di Antonioni, cementificheranno il “brand” antonioniano nel mercato statunitense. Infatti, recensendo Deserto Rosso, Life definirà l’espressività nevrotica e imbarazzata di Vitti un vero e proprio “marchio di fabbrica” del cinema italiano. In questa fase la coppia Vitti-Antonioni guadagna una grande attenzione mediatica in America. Da un lato grazie alla peculiare figura divistica di Vitti, alternativa per aspetto e stile recitativo a Sophia Loren, dall’altro grazie a quella di rigoroso “regista intellettuale” ricoperta da Antonioni, che si contende i favori della critica con quella più flamboyant associata a Federico Fellini.

L’ormai incontestabile fama di Antonioni spinge la Metro Goldwyn Mayer a siglare un contratto per la direzione di tre film destinati alla distribuzione statunitense. Il primo è Blow-up che, sebbene ambientato a Londra, registra per la prima volta anche un notevole successo di pubblico e botteghino grazie alla sua trama crime e la vena surrealista (tramite un ingrandimento fotografico il protagonista del film scopre un tentato omicidio e indaga sull’accaduto). Fra le collaborazioni illustri, si ricordano le musiche affidate al poliedrico Herbie Hancock. Il film riceve due candidature all’Oscar e si consacra da un lato come un’opera rappresentativa del fermento culturale della così detta “Swinging London”, dall’altro come lavoro in grado di riflettere sullo statuto simulacrale della cultura visuale di massa che verrà a più riprese inserito nei programmi di studio dei corsi di cinema americani e internazionali.  

Il 1970 è la volta di Zabriskie Point, girato fra il 1968 e il 1969 nel suggestivo scenario della Death Valley californiana. Il film, realizzato in compartecipazione con Carlo Ponti, ebbe una storia produttiva travagliata, da un lato per l’incompatibilità fra l’autore e il sistema di produzione americano (accusato da Antonioni di eccessivo sperpero di denaro), dall’altro per i limiti imposti dalla produzione stessa (che ridimensionò le scene corali immaginate dall’autore). Sebbene Zabriskie Point non fu apprezzato nell’immediato in America - registrando un flop di incassi e aspre critiche dalle riviste americane - nel corso degli anni riacquisì una certa valenza come opera iconica del trasgressivismo degli anni Sessanta e un dissacrante ritratto degli States dal punto di vista europeo. La sequenza finale con l’esplosione in ralenty della villa di Frank Lloyd Wright (già usata da Hitchcock in North by Northwest) è fra le più iconiche nella storia del cinema e, insieme a La decima vittima (1965) di Elio Petri, offre una delle critiche più spietate alla società dei consumi americana.    

Il ciclo americano di Antonioni si chiude con Professione: reporter (1975) con protagonista un giovane Jack Nicholson che con questa interpretazione si afferma nel pantheon delle star hollywoodiane. Oltre al suo valore poetico, il film viene ricordato per il celebre piano sequenza di circa otto minuti che, prima dell’introduzione della tecnologia steadycam, diede prova di un ineguagliato virtuosismo tecnico e stilistico del cinema made in italy rispetto alle grandi produzioni hollywoodiane.   

Oltre alle sperimentazioni registiche e la poetica del paesaggio, Eugenia Paulicelli evidenzia come Antonioni sia il primo regista a proporre un uso esistenziale della moda attraverso il cinema. Pensiamo alla scena del defilé in Le amiche e più in generale al connubio fra il regista ferrarese e diverse case di moda italiane (fra cui Sorelle Fontana e Gucci) i cui capi vestono molti dei suoi personaggi con un’esplicita valenza simbolica. Si tratta, afferma la studiosa, di un modo nuovo di raccontare attraverso la moda e, allo stesso tempo, una strategia moderna per caricarla di desiderio e appeal nel mercato dell’upper-middle class americana che, in questo senso, dona un valore aggiunto al ruolo di Antononi nell’esportazione transatlantica di uno stile di vita associato proprio alla modernità del Bel Paese.

A riprova del ruolo di spicco esercitato dal regista ferrarese nella cultura cinematografica americana, nel 1995, centenario della nascita del cinema, Antonioni viene insignito del Premio Oscar alla Carriera, consegnato dalle mani dello stesso Jack Nicholson.

Vettori collegati

Cinecittà

Marcello Mastroianni

attore

Cinema italiano del dopoguerra

Le amiche

Film

Monica Vitti

Attrice

L'avventura

Film

Piero Poletto

Scenografo

Fonti

Ann Guerin, “A main-hued Ado about Nothing. Red Desert directed by Michelangelo Antonioni”, Life, March 5, 1965: 12.

Scorsese su L’Avventura https://www.nytimes.com/2007/08/12/movies/12scor.html

Anon, «Boxoffice», 11 Ferbraury 1963, p. 10.

Arrowsmith, William, Antonioni: The Poet of Images, ed. Ted Perry. New York: Oxford University Press, 1995.

Brunette, Peter, The Films of Michelangelo Antonioni. Cambridge: Cambridge University Press, 1998.

Cameron, Ian and Robin Wood, Antonioni. London: Studio Vista, 1968.

Chatman, Seymour, Antonioni: Or, the Surface of the World. Berkeley: University of California Press, 1985.

Rifkin, Lee Edwin, Antonioni’s Visual Language. Ann Arbor: UMI Research Press, 1982.

Rohdie, Sam, Antonioni. London: British Film Institute, 1990.

James Brown, “Michelangelo Antonioni”, «Senses of Cinema», May 2002, https://www.sensesofcinema.com/2002/great-directors/antonioni/

Scheda redatta da: Giuseppe Gatti