Italy: The New Domestic Landscape

mostra

MoMA (richiedere)

26 Maggio - 11 Settembre, 1972

New York

scenario
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mostra

Olivetti

Ettore Sottsass

architetto, designer

Emilio Ambasz

architetto

Bruno Munari

grafico, designer, artista

Joe Colombo

designer

La mostra che si apre il 26 maggio 1972 al Museum of Modern Art di New York, curata da Emilio Ambasz, ha un valore molteplice che ne fa una vera e propria milestone temporale e critica: fa da vetrina al design italiano di prodotti per lo spazio domestico, e facendolo traccia il punto sulla crescita e sul posizionamento internazionale dell'Italia attraverso gli anni ’60, che di fatto conclude; d'altro canto, la mostra rilancia l’Italia verso una nuova stagione di fortuna critica e diffusione nell'immaginario collettivo. 
La produzione della mostra nasce sotto la sponsorship del Ministero per il Commercio Estero, dell’ICE Istituto per il Commercio con l'Estero, con in prima fila tra le aziende sponsor Abet-print, Alitalia, Anonima Castelli ma soprattutto Olivetti, Fiat e il gruppo ENI. La mostra stessa pertanto è fatta non solo sull'Italia ma largamente in Italia: Gianluigi Gabetti, trustee del MoMA, ha appena concluso la sua esperienza al risanamento di Olivetti Corporation of America, e sta iniziando quella col gruppo Fiat; il curatore della mostra, poi, si dice riconoscente a molti personaggi italiani per aver creato la rete e il contesto di ricerca necessario, due tra tutti Inge Feltrinelli e Lisa Licitra Ponti per Domus.
Il mandato della mostra è “…not only to report on current developments in Italian design, but to use these as a concrete frame of reference for a number of issues of concern to designers all over the world”, assumendo l'Italia come “…a micromodel in which a wide range of the possibilities, limitations, and critical issues of contemporary design
are brought into sharp focus”.
Ambasz sviluppa questo mandato secondo un approccio esibitamente tassonomico, che distingue gli atteggiamenti nel design italiano tra conformisti, riformisti e di contestazione. Questa classificazione resta in filigrana nelle sezioni della mostra, Objects e Environments, e nelle loro sottosezioni.
Gli Oggetti sono esposti fuori dagli spazi museali, e sono selezionati in quanto “simboli di ricerca formale e tecnica” (tra cui le sedie di Vico Magistretti per Artemide, la sedia Plia di Giancarlo Piretti per Anonima Castelli, sedie e tavoli di Joe Colombo, l’Arco di Achille Castiglioni e i televisori portatili di Marco Zanuso e Richard Sapper per Brionvega)  o portatori di “implicazioni socio-culturali” (la poltrona Joe di De Pas D'urbino Lomazzi, i multipli Gufram, la lampada Toio di Castiglioni, i lavori di Ettore Sottsass per Abet-print, gli arredi di Archizoom e Superstudio per Poltronova) o portatori di “modi d'uso e assemblaggio inediti è più flessibili” (la potlrona Sacco di Piero Gatti, Cesare Paolini, Franco Teodoro per Zanotta, la seduta componibile Serpentone di Cini Boeri per Arflex, la Minikitchen di Joe Colombo per Boffi, l'Abitacolo di Bruno Munari per Robots, di recentissima concezione).
Gli Ambienti sono invece esposti all'interno del museo, ognuno accompagnato da un film. La mostra li divide tra: design as postulation, dove a partire dalle condizioni esistenti dell'abitare moderno si articolano le soluzioni di Gae Aulenti, Alberto Rosselli, Sottsass, Zanuso e Sapper, fino alla Total furnishing unit di Colombo e al concept di veicolo Kar-a-sutra di Mario Bellini per Citroën; design as commentary, col solo ambiente postatomico di Gaetano Pesce; counterdesign as postulation, effettivo spazio della categoria contestazione dove le posizioni sono formulate con media diversi, dalla Casa telematica di Ugo La Pietra ai fotoromanzi del gruppo Strum, all'ambiente vuoto descritto a voce di Archizoom o  la Supersuperficie senza oggetti di Superstudio, fino alla pura Proposta di comportamento di Enzo Mari. 
Si tenta di sistematizzare due stagioni  differenti e fondamentali del design italiano, quella del dopoguerra volta a spingere in avanti i presupposti del moderno, e poi quella radicale nata dalla sua critica.  La conferma di questa espansione diacronica nel riflettere sul design italiano la si ha nei storico-critici che completano il catalogo della mostra, dove tra icontributi dei i nomi più rilevanti del dibattito italiano (Paolo Portoghesi Leonardo Benevolo, Maurizio Fagiolo dell'Arco, Vittorio Gregotti, Italo Insolera, Giulio Carlo Argan, Alessandro Mendini, Filiberto Menna) spiccano Design and technological utopia di Manfredo Tafuri che in quel momento sta ponendo le basi di una lunga influenza sulla riflessione accademica americana, e Radical Architecture di Germano Celant, analisi di presupposti e posizioni alla base della stagione radicale italiana. 

Vettori collegati

Bruno Munari

grafico, designer, artista

The Museum of Modern Art

museo

Olivetti

Joe Colombo

designer

Artemide

produttore apparecchi illuminanti

Emilio Ambasz

architetto

Ettore Sottsass

architetto, designer

Adolfo Natalini

architetto

"Italy super-salesmen come to MOMA"

Interiors, 12/1972

Fonti

Ambasz, Emilio (a cura di). Italy : the new domestic landscape. Achievements and problems of Italian design. New York: The Museum of Modern Art, Florence: Centro Di, 1972. 

Peruccio, Pier Paolo. La mostra “Italy: the new domestic landscape” al MoMA di New York. In: Peruccio P., Filippi F., Gibello L., Di Robilant M. (eds). 1970-2000. Episodi e temi di Storia dell'architettura. Torino: CELID, 2006.

Scheda redatta da: Giovanni Comoglio